di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 6 luglio 2024La possibile formazione di un governo di “quasi unità nazionale” tra diverse formazioni, al solo scopo di escludere l’estrema destra vincitrice del primo turno delle elezioni legislative francesi, ha concesso nuovi argomenti al Rassemblement National, tornato a dipingersi come forza anti-sistema discriminata dall’establishment.

Negli ultimi giorni la campagna elettorale ha quindi visto tornare in auge i toni populisti classicamente utilizzati in passato dall’estrema destra francese, precedentemente attenuati al fine di presentare il partito come forza di governo responsabile e pragmatica.

La “nuova destra” di Jordan Bardella
La linea Bardella si è discostata in parte dal messaggio politico e identitario diffuso negli scorsi anni da Marine Le Pen, che per l’occasione ha fatto un passo di lato puntando su un personaggio giovane e non accostabile ai trascorsi fascisti del Front National. La formazione ha tentato di accreditarsi come un partito di stampo conservatore e nazionalista, escludendo una parte della “vecchia guardia” e aggiustando il tiro nella propaganda.

Ma negli ultimi giorni, animati forse dall’euforia della vittoria o da un sentimento di rivalsa a lungo represso, molti militanti dell’estrema destra – non tutti necessariamente riconducibili al partito di Le Pen – si sono dedicati ad aggressioni e minacce nei confronti di esponenti dei partiti centristi o di sinistra, di attivisti, giornalisti, avvocati, semplici rifugiati e cittadini di origine araba o africana, legittimati dall’ondata nera del 30 giugno.

Nostalgici e xenofobi
Buona parte del programma del partito, del resto, è incentrata sul contrasto all’immigrazione e agli immigrati, a partire dalla proposta di abolire lo ius soli o di escludere dalle cariche pubbliche più importanti i cittadini che hanno la doppia cittadinanza. Il Rn vuole anche limitare i permessi di soggiorno e i ricongiungimenti familiari, escludere dalla sanità pubblica gli stranieri e concedere una “priorità nazionale” ai cittadini francesi per quanto riguarda aiuti e sovvenzioni.

Per conquistare i settori più di destra della comunità ebraica e scrollarsi di dosso l’accusa di razzismo, il Rn esprime da mesi un sostegno incondizionato a Israele, accompagnandolo con continui allarmi sul carattere presuntamente antisemita delle mobilitazioni filo-palestinesi e di alcune espressioni religiose o culturali delle comunità islamiche.

Eppure, subito dopo il primo turno Ludivine Daoudi, una candidata del Rassemblement National arrivata terza nel collegio di Calvados, in Normandia, si è dovuta ritirare dopo che sui social è stata diffusa una sua foto che la ritraeva mentre indossava un cappello con la svastica della Luftwaffe.

È rimasta invece in corsa, giunta in testa in un collegio dei Pirenei Atlantici, Monique Becker, nota per diffondere sui social lodi all’OAS (Organizzazione dell’Esercito Segreto), un gruppo terroristico fascista dedita al terrorismo contro la resistenza algerina e contro le organizzazioni democratiche e antifasciste.

Si tratta soltanto dei casi più eclatanti che smentiscono l’immagine di un partito che si è modernizzato e ripulito abbandonando la cultura razzista del Front National, fondato nel 1972 da molti reduci dell’OAS o collaborazionisti dell’era Petain prendendo a modello il Movimento Sociale Italiano.

Un raduno del Rassemblement National

Macron “incubatore” dell’estrema destra
Perché milioni di francesi che si sono sempre tenuti alla larga dagli estremisti di destra e dai nostalgici di Vichy hanno votato Rassemblement National? La rabbia sociale e la preoccupazione generata trasversalmente dalle politiche autoritarie e neoliberiste di Macron hanno fatto saltare lo storico argine ideologico eretto nei confronti della destra più radicale.

Il Rn ha straripato soprattutto nei sobborghi delle grandi città e nei territori deindustrializzati ed economicamente depressi del nord (molti dei quali, in passato, sono stati a lungo bastioni del Partito Comunista) oltre che nei distretti rurali e nei piccoli centri.

Se prima quello al Front e poi al Rassemblement National era soprattutto un voto di protesta di alcuni settori della società francese, che si sommava al voto ideologico degli ambienti più reazionari, alle ultime elezioni Bardella ha conquistato nuovi settori sociali.

La classe media e la piccola borghesia, ad esempio, preoccupate dal déclassement e dalla conseguente l’erosione del proprio potere d’acquisto e del proprio status, causata dai tagli ai servizi e al welfare, hanno in parte voltato le spalle ai centristi di Attal e Macron. Anzi, per molti elettori “traditi”, il voto al Rn è la via più breve per togliere di mezzo il presidente e le sue politiche.

Negli ultimi anni, molti media privati (come quelli in mano all’imprenditore Vincent Bolloré) hanno “sdoganato” i leader e gli argomenti dell’estrema destra, rendendoli appetibili e credibili. Nei giorni scorsi, ad esempio, la redazione del quotidiano conservatore “Le Figaro” si sono scagliati contro il direttore (che d’altronde in passato ha collaborato con il Front National) colpevole di aver aperto a Le Pen.

Le proposte del partito di Bardella, poi, appaiono alternative alle politiche macroniane e al tempo stesso desiderabili e fattibili, dal sostegno al potere d’acquisto di salari e pensioni, dall’aumento della sicurezza nelle città e dalla priorità da concedere agli “interessi nazionali” su quelli europei.

Le Pen e Bardella

Un partito razzista
Nel discorso del Rn, che pure ha abbandonato i toni apertamente razzisti e xenofobi del passato, gli stranieri e le minoranze vengono però comunque individuati come responsabili principali del malessere sociale ed economico della maggioranza dei francesi, fornendo un utile capro espiatorio ad una società sempre più impaurita e precaria.

Secondo un rapporto pubblicato il 27 giugno dalla “Commission nationale consultative des droits de l’homme” (CNCDH) di Parigi, 9 elettori dell’estrema destra su 10 temono la “sostituzione etnica” o comunque una “diluizione” dell’identità francese. Il 54% degli elettori del Rn (e il 26% dei Républicains neogollisti) ammette di essere “molto” o “un po’” razzista e il 21% crede che alcune “razze” siano superiori ad altre.

Quelli che stanno peggio, più in basso nella gerarchia sociale ed economica, diventano il bersaglio preferito – e più comodo – del risentimento popolare che l’estrema destra sfrutta abilmente e alimenta. Gli strali contro chi sta in alto, tipici del discorso populista dell’estrema destra, sono invece sempre molto generici e quindi inoffensivi, rivolti contro le “politiche green”, i “burocrati di Bruxelles” o la “dittatura mondialista”.

Un’estrema destra sempre più liberista
D’altronde, rispetto al passato, il programma economico dell’estrema destra è sempre più compatibile con quel liberismo che molti elettori pensano di contrastare proprio votando Bardella.

Promettendo di abbassare la tassazione sulle imprese e sui grandi patrimoni o rinunciando ad abbassare l’Iva al minimo sui prodotti di prima necessità, Le Pen punta a rassicurare le élite economiche e gli ambienti imprenditoriali che infatti hanno moltiplicato le dichiarazioni a favore del Rn o comunque affermano di temere più un’eventuale vittoria della sinistra radicale che dell’estrema destra. Per accreditarsi come partito di governo responsabile, poi, il Rn ha fortemente attenuato il suo anti-atlantismo e le critiche rivolte finora al sostegno militare all’Ucraina.

Non è un caso che, all’indomani dell’exploit dell’estrema destra al primo turno, in apertura la Borsa di Parigi abbia registrato un balzo del 2,59% anche se poi molti titoli hanno risentito dei timori che la mancanza di una maggioranza di governo stabile costringa il paese ad un lungo periodo di instabilità politica, lo scenario più probabile per i prossimi mesi.

Per uscirne molti francesi potrebbero decidere di puntare proprio sul Rassemblement National in nome del sempreverde imperativo “legge e ordine”. – Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria






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