di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 12 dicembre 2024La Spagna è uno dei più importanti e affidabili alleati politici e militari di Washington, ma la vicenda mediorientale ha causato una visibile frizione tra i due paesi.
Gli Stati Uniti minacciano infatti di sanzionare la Spagna per aver impedito, negli ultimi mesi, l’attracco nei suoi porti di alcune navi che trasportavano armi dirette in Israele.

In un comunicato, reso noto venerdì scorso dal quotidiano spagnolo “El Confidencial”, la Commissione Federale Marittima di Washington ha avvisato di aver aperto un’indagine preliminare per accertare se Madrid «crea condizioni sfavorevoli per il trasporto marittimo commerciale degli Stati Uniti».

L’agenzia ricorda che le normative nazionali – che permettono a Washington di intervenire al di là del paese di provenienza delle imbarcazioni – le concedono l’opportunità di imporre multe fino a 2,2 milioni di euro per ogni scalo negato e, nei casi più gravi, lo stop all’ingresso nei propri porti delle navi del paese sanzionato.

La nota cita in particolare i casi del Maersk Denver e del Maersk Seletar, due portacontainer salpate da New York che avrebbero dovuto fare scalo ad Algeciras (in Andalusia) rispettivamente l’8 e il 14 novembre. Dopo la denuncia di un deputato di Sumar, il governo spagnolo ha deciso di negare l’attracco obbligando i cargo a fare tappa nel porto marocchino di Tangeri, suscitando proteste nel paese nordafricano.

Le due navi, di proprietà del gigante danese Maersk (che nel marzo del 2022 ha sospeso il trasporto dei container in Russia), battevano bandiera statunitense e rientravano nel Maritime Security Program dell’Amministrazione Marittima degli USA (Marad), che gestisce una flotta commerciale a disposizione del Dipartimento della Difesa di Washington.

Nel suo comunicato l’organismo federale americano cita anche il caso della Marianne Danica, una nave danese salpata da Madras (India) con a bordo 28 tonnellate di esplosivi diretti ad Haifa, alla quale il 21 maggio il governo spagnolo negò lo scalo a Cartagena (Murcia).

All’epoca il Ministro degli Esteri di Madrid, José Manuel Albares, affermò che la Spagna avrebbe impedito sistematicamente l’attracco nei propri porti di navi cariche di armi dirette in Israele. Una decisione coerente, spiegò il dirigente socialista, con la scelta di non concedere più alle proprie imprese le licenze per esportare sistemi bellici e munizioni in Israele, adottata dopo l’inizio dello sterminio della popolazione di Gaza e seguita il 28 maggio dal riconoscimento ufficiale dello “stato di Palestina” e dall’aumento dei fondi destinati alla Corte Penale Internazionale.

Se Washington utilizza una normativa commerciale per punire il governo spagnolo colpevole di limitare i rifornimenti bellici ad Israele, diverse associazioni, ong e i partiti di sinistra che pure sostengono Pedro Sanchez chiedono sistematicamente misure più stringenti contro Tel Aviv.

Le organizzazioni per i diritti umani e attive nella solidarietà con la popolazione palestinese denunciano che il commercio di armi continua nonostante lo stop decretato il 7 ottobre 2023 e nonostante l’articolo 53/2007 della legge spagnola, che impegna il paese a rispettare il Trattato internazionale sul commercio delle armi, che a sua volta proibisce il trasferimento e il transito di materiale militare a destinatari che possono utilizzarlo per “compiere crimini di guerra come attacchi contro civili, crimini contro l’umanità o genocidio”.

Nel febbraio scorso, ad esempio, un rapporto ha rivelato che nell’autunno del 2023 la Spagna aveva esportato nello “stato ebraico” munizioni per un valore di 987.000 euro.

L’esecutivo si difende affermando che il blocco delle esportazioni riguarda solo le nuove commesse e non quelle già assegnate. Ma anche se alla fine di ottobre il Ministero degli Interni spagnolo ha annullato l’acquisto da Israele di una grossa partita di munizioni destinate alla sua polizia, nel 2024 l’israeliana Elbit Systems risulta assegnataria di nuovi contratti.

Inoltre, secondo un’inchiesta condotta dal Palestinian Youth Movement e da Progressive International, verificata e pubblicata dal quotidiano spagnolo “El Diario”, Madrid avrebbe permesso lo scalo proprio ad Algeciras, oltre che a Cadice, di vari cargo della Maersk che trasportavano un totale di 13 mila tonnellate di materiali e armi diretti all’IDF. Di fatto, denunciano le associazioni pro-palestinesi, nel porto andaluso le imbarcazioni cariche di morte transitano quasi ogni settimana senza incontrare alcun ostacolo da parte delle autorità iberiche.

Le rotte delle navi statunitensi che riforniscono Israele di armi


Secondo “El Diario”, i cargo della Maersk che operano nell’ambito del Programma di Sicurezza Marittima di Washington e destinati a rifornire Israele sono attesi varie volte nei porti del sud della Spagna da qui al prossimo febbraio. Nella rotta dal continente americano ad Israele sarebbero coinvolte in totale 14 portacontainer della Maersk suddivise in due percorsi: in uno si trasportano le armi dagli Stati Uniti al porto di Cadice, con spedizioni a nome del Ministero della Difesa israeliano, a cui partecipano quattordici navi; nell’altro i cargo raccolgono il carico ad Algeciras e lo portano in Israele, passando per l’Egitto e la Turchia all’andata, e per l’Italia, la Francia, Barcellona, Valencia, Casablanca e, di nuovo Algeciras al ritorno.

Dopo la pubblicazione dell’inchiesta, alcuni funzionari del Ministero degli Esteri spagnolo hanno affermato che non sono stati autorizzati scali di navi con attrezzature militari dirette in Israele e che, «se fossero avvenuti, lo avrebbero fatto senza informare le autorità spagnole e, quindi, sarebbero state azioni fraudolente contro le quali verranno prese misure».

Per ovviare a questo escamotage – i convogli non dichiarano la reale entità del carico e il governo spagnolo evita di chiedere – le organizzazioni solidali con il popolo palestinese chiedono che le autorità competenti operino ispezioni sistematiche sul carico delle imbarcazioni della Maersk e sanzionino pesantemente quelle che trasportano materiali difformi da quelli autorizzati.

Recentemente, infine, ha generato polemiche la decisione del governo spagnolo di mantenere in vigore un accordo, siglato nel 2014 dai servizi segreti di Madrid e dal Ministero della Difesa israeliano – quando il premier era Mariano Rajoy, di destra – che finora ha garantito l’assoluta riservatezza sul business delle armi e delle tecnologie belliche tra i due paesi.

Dopo le rivelazioni del quotidiano “Público”, secondo cui l’accordo sarebbe a tempo indeterminato e quindi tuttora in vigore, il deputato di Sumar Agustín Santos ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri chiedendo quali siano le implicazioni e gli obblighi che esso impone al governo spagnolo. L’unica risposta di Abalos è stata che «il governo non commenta informazioni provenienti dalla stampa». Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria






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