di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 3 maggio 2024 – Vuole liberalizzare l’economia, privatizzare le imprese pubbliche, deregolamentare il mercato del lavoro e snellire l’amministrazione statale, suscitando l’opposizione e la mobilitazione dei sindacati e di una parte importante dei cittadini. Anche alcuni dei gruppi politici che lo sostengono in parlamento si sono schierati contro alcune delle misure presentate dal presidente argentino.
Come se non bastasse, il presidente turboliberista e reazionario Javier Milei vuole portare il suo paese all’interno della Nato dopo aver velocemente inserito Buenos Aires nel sistema di alleanze di Washington da cui i suoi predecessori si erano tenuti a distanza.

“Rafforzare l’esercito e legarsi a Washington”
Subito dopo la sua elezione, alla fine del 2023, Javier Milei ha posto l’accento sulla necessità di rafforzare e rinnovare le forze armate argentine. Ad aprile il presidente ha ribadito l’intento nel corso di un discorso in omaggio ai caduti e ai veterani della guerra delle Malvinas con il Regno Unito, durante il quale ha annunciato l’inaugurazione di una “nuova era” di sviluppo e sostegno dell’esercito, necessari affinché «il paese venga rispettato».

Dopo decenni di “isolazionismo”, ha detto il leader dell’estrema destra, l’Argentina deve adottare una “nuova dottrina di politica estera”, stabilendo alleanze strategiche con quei paesi che difendono la libertà, in primis gli Stati Uniti. «Dopo decenni di discorsi rimbombanti e patti insignificanti l’Argentina ha deciso di rientrare nel concerto delle nazioni» ha spiegato Milei, affermando che «in un mondo interconnesso» ciò che accade «a chilometri di distanza può avere effetti sulla nostra sovranità» e quindi la politica estera non deve basarsi soltanto «su interessi commerciali ma anche su una visione comune del mondo».

L’Argentina chiede l’adesione alla Nato
La nuova visione strategica è stata immediatamente tradotta in atti concreti. Il 18 aprile scorso il ministro della Difesa argentino, Luis Petri, ha informato di aver incontrato a Bruxelles il segretario aggiunto dell’Alleanza Atlantica, Mircea Geoană, chiedendogli di accettare l’adesione di Buenos Aires.
«Gli ho presentato la lettera di intenti che contiene la richiesta dell’Argentina di trasformarsi in un partner globale della Nato. Continueremo a lavorare per recuperare le relazioni che permettano di modernizzare e fortificare le nostre forze agli standard di questa organizzazione» ha scritto il responsabile della Difesa.

Proprio mentre la Colombia (promossa partner globale nel 2017) del presidente di sinistra Gustavo Petro cerca di allentare i rapporti con l’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti, l’Argentina intende compiere un ulteriore passo stringendo una relazione ancora più stretta con la Nato dopo aver ottenuto da Bill Clinton, nel 1997, il titolo di “maggiore alleato non-Nato” degli Stati Uniti. Allora il ruolo venne riconosciuto a Buenos Aires dopo che il presidente di destra argentino, Carlos Menem, aveva inviato alcune navi da guerra nel Golfo Persico, per partecipare al blocco economico nei confronti dell’Iraq di Saddam Hussein, e un contingente militare in Bosnia.

Se ottenesse la promozione del suo status, l’Argentina potrebbe ottenere la presenza di un proprio addetto militare presso il comando della Nato a Bruxelles e l’inserimento nei meccanismi di interscambio militare interni all’Alleanza Atlantica.
Il portavoce presidenziale Manuel Adorni ha sottolineato che un’eventuale adesione all’anello esterno della Nato consentirebbe all’Argentina di «aumentare le sue capacità militari e difensive attraverso esercitazioni multinazionali e l’acquisizione di tecnologie avanzate, nonché di partecipare a dibattiti e decisioni di carattere strategico», unendosi ad un gruppo di paesi che già accedono ai vantaggi della partecipazione al Patto Atlantico come Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone.

Armi da Washington
Il percorso di avvicinamento al sistema di alleanze guidato dagli Stati Uniti sembra procedere a tappe forzate. Il ministro Petri ha incontrato i dirigenti della Nato a Bruxelles dopo aver siglato a Copenaghen un’intesa per l’acquisto di 24 caccia F-16 dell’aviazione danese venduti al governo scandinavo da Washington.

Per l’acquisto degli aerei da guerra, che costeranno 300 milioni di dollari («la più importante commessa militare dal ritorno dell’Argentina alla democrazia» nel 1983, ha ricordato Petri), Buenos Aires potrà contare su 40 milioni di dollari di finanziamenti militari concessi da Washington, una sovvenzione che consente ai principali alleati degli Stati Uniti – come ad esempio Israele – di acquistare armi americane con varie agevolazioni.

Una base militare Usa nella Terra del Fuoco?
L’allaccio di relazioni militari strategiche con Washington era già stato certificato dalla consegna all’aviazione argentina di un Hercules C-130 nel corso di una visita a Buenos Aires e nella Terra del Fuoco del generale Laura Richardson, capo del Comando Sud delle forze armate statunitensi.

Accompagnata da Milei, la responsabile militare statunitense ha visitato la città australe di Ushuaia, accolta come un capo di stato. Indossando una uniforme delle forze armate, durante il suo intervento il presidente argentino ha alluso anche alla volontà di costruire una base navale congiunta con gli Stati Uniti nella località del paese più vicina all’Antartide. Un progetto di difficile realizzazione, perché che la legislazione argentina non prevede la possibilità di ospitare installazioni militari straniere e autorizza la presenza di truppe di altri paesi solo dopo un voto positivo del Congresso.

Ma gli intenti di Milei sono evidenti, a costo di cozzare con la strategia della maggior parte dei paesi latinoamericani. Dal suo insediamento, il leader dell’estrema destra turboliberista non ha messo piede in nessuna capitale latinoamericana, mentre si è già recato per ben tre volte a Washington e una volta in Israele, dove ha annunciato l’intenzione di spostare l’ambasciata argentina a Gerusalemme.
Il presidente argentino sta anche analizzando la possibilità di inviare alcuni aiuti militari all’Ucraina, dopo aver donato due elicotteri da combattimento a Zelensky e annunciato la volontà di visitare Kiev nel corso del suo prossimo viaggio in Europa previsto a giugno.

In rotta con Pechino
L’avvicinamento a Washington sta avvenendo soprattutto a spese dei rapporti, finora crescenti, con Pechino.
Gli F-16 della Danimarca (il cui sistema di rifornimento è incompatibile con quello attualmente utilizzato dall’Aviazione argentina) sono stati acquistati dopo aver rifiutato 34 caccia JF-34 che il presidente cinese Xi Jinping aveva offerto al predecessore di Milei, il progressista Alberto Fernández, ad un prezzo di favore. Ora, dopo aver detto no alla fornitura di alcuni veicoli corazzati dell’impresa cinese Norinco, Buenos Aires sta valutando l’acquisto di alcuni mezzi della statunitense Stryker.

Negli ultimi mesi, poi, il governo argentino ha paralizzato – bruciando 1800 posti di lavoro – la costruzione della sua quarta centrale nucleare e di due centrali idroelettriche in gran parte finanziate da capitale cinese.

Finora il governo di Pechino, che rappresenta il secondo partner commerciale del paese sudamericano, non ha messo in atto evidenti rappresaglie, nella speranza che Milei rappresenti una rapida parentesi e che il suo successore sviluppi alleanze politiche e commerciali più equilibrate. Le aziende cinesi estraggono litio in grandi quantità e nella provincia argentina di Neuquén l’esercito cinese ha contribuito a realizzare con alcune imprese locali un’installazione spaziale che suscita la preoccupazione di Washington.

Alcuni analisti economici indicano però che se Milei dovesse continuare a minacciare gli interessi cinesi in Argentina, Pechino potrebbe reagire optando per il Brasile come principale fornitore di carne e soia provocando un enorme danno a Buenos Aires. Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria






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