di Pierre Micheletti* – L’Orient Today
(traduzione di Federica Riccardi, foto fermo immagine da YouTube)
Il 19 agosto 2003, il quartier generale delle Nazioni Unite situato presso il Canal Hotel, a Baghdad, venne bombardato e in gran parte distrutto, causando la morte di 22 persone, tra cui l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Sérgio Vieira de Mello. L’attacco prese di mira la Missione di Assistenza delle Nazioni Unite per l’Iraq (UNAMI), che all’epoca era accusata di subordinazione non etica e di allineamento alla politica estera degli Stati Uniti, con gravi conseguenze per i civili. Vieira de Mello stesso ne era consapevole e aveva avuto a malapena il tempo di avviare una rottura con questa tendenza, prima dell’attentato che mise fine alla sua vita. Nel 2008, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato questa data come giornata mondiale dell’aiuto umanitario.
Sono passati vent’anni e gli stessi errori si ripetono, come se dal conflitto in Iraq non si fosse appresa alcuna lezione sugli effetti catastrofici dell’assoggettamento dei principi umanitari al cinismo della logica politica. A Gaza, la popolazione civile e gli attori umanitari sono attualmente le vittime, e le agenzie delle Nazioni Unite che vi operano stanno dimostrando un vero coraggio politico per imparare la lezione dagli errori del passato.
L’entità del disastro per la popolazione civile, a partire dal’uccisione di altri civili in Israele il 7 ottobre 2023, è drammatica: al 15 marzo, più di 40.005 sono stati uccisi, tra cui più di 16.000 bambini e 11.000 donne – e più di 92.000 altri feriti, secondo i dati del Ministero della Sanità controllato da Hamas, ritenuti credibili dalle Nazioni Unite.
Insicurezza alimentare e sanitaria
Il piano di evacuazione della Striscia di Gaza, votato nel 2004, ha creato le condizioni perché Israele potesse bloccare completamente il territorio e controllare tutti gli ingressi: prodotti alimentari, approvvigionamento idrico, mezzi di comunicazione e fornitura di elettricità. Lo stesso vale per il controllo del sistema fognario (articolo 8). In questo modo è stato messo in atto un “rifornimento a perfusione”, vitale per la popolazione. Come misura di ritorsione, qualsiasi violenza politica o rivolta popolare avrebbe comportato una riduzione del flusso di persone e delle merci verso questo territorio, che divenne rapidamente una prigione a cielo aperto.
La drammatica situazione alimentare che prevale oggi è la traduzione, folle nella sua portata, della capacità di Israele di controllare la perfusione. La disponibilità di cibo nella Striscia di Gaza è compromessa. Aumentano le patologie legate al sovraffollamento, alla scarsa qualità dell’acqua, alla mancanza di igiene personale e al degrado ambientale. La gestione dei rifiuti è un problema importante. Dove la popolazione è più densa, in quasi l’80% dei casi si trova materia fecale umana intorno alle aree dove sono accampati gli sfollati. Il sistema sanitario è stato distrutto. Gli ospedali continuano a subire gravi disagi nell’erogazione delle cure sanitarie.
L’UNRWA conta un numero di vittime senza precedenti
Al 15 agosto, più di 11 mesi dopo l’inizio delle violenze il 7 ottobre, 207 membri dello staff dell’Unrwa avevano perso la vita. Questo rappresenta un tasso di mortalità maggiore rispetto ad altre aree di crisi. Nel 2022, ci sono stati 76 decessi per tutte le agenzie delle Nazioni Unite nel mondo.
Nel 2019, il tasso di mortalità globale è stato di 31 morti ogni 100.000 operatori umanitari. Nel caso dell’Unrwa a Gaza, il tasso di mortalità è stato finora di 1.600 su 100.000 persone. Si tratta di un dato 54 volte superiore al numero medio di decessi tra gli operatori umanitari in altre aree di crisi.
La Quarta Convenzione di Ginevra fu firmata nell’agosto del 1949, nella speranza di stabilire un quadro di protezione per le popolazioni civili nelle aree di conflitto armato e di trarre insegnamento dalla drammatica violenza della seconda guerra mondiale. Nell’agosto 2024 ricorre il 75° anniversario della pubblicazione di queste Convenzioni. Nel dicembre dello stesso anno, il 1949, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite votò la creazione dell’UNRWA, come espressione concreta della dinamica voluta dai padri fondatori del diritto internazionale umanitario contemporaneo.
Ma nonostante la drammatica situazione dell’enclave palestinese, questo diritto internazionale non viene applicato. La paralisi tradisce l’incapacità di attuare concretamente le decisioni giuridiche emesse dalla Corte Internazionale di Giustizia (prevenzione e repressione del crimine di genocidio nella Striscia di Gaza) o dalla Corte Penale Internazionale (emissione di mandati di arresto contro i leader di Hamas e Israele per crimini di guerra e contro l’umanità).
Cornelio Sommaruga, lo stimato presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa (1987-1999) morto a Ginevra lo scorso febbraio, si starà rivoltando nella tomba. Il 30 maggio 1995, in un discorso che ha rappresentato una pietra miliare nella vita dell’istituzione che rappresentava all’epoca, Sommaruga disse: “Tutti gli Stati hanno la responsabilità condivisa di assicurare che anche al culmine di qualsiasi guerra, comprese le guerre civili, alcuni principi elementari di umanità siano rispettati, e che in particolare i feriti, i prigionieri e le popolazioni civili siano protetti”. Ha pronunciato parole che hanno lasciato un segno indelebile e il cui significato è immediatamente evidente nel contesto internazionale che prevale in Medio Oriente: “Ma, credetemi, in ogni momento in cui ci assumiamo le nostre responsabilità umanitarie nei confronti delle vittime della guerra e della violenza politica, mi viene in mente il fallimento morale della nostra istituzione di fronte all’Olocausto, quando non è stata in grado di andare oltre il limitato quadro giuridico che gli Stati le avevano assegnato”.
Il CICR ha imparato bene dal suo precedente presidente: l’organizzazione ha denunciato la situazione della popolazione civile fin dall’inizio dell’escalation militare a Gaza, insieme alle agenzie ONU e alle ONG. L’eredità di Sommaruga riguarda ora il governo israeliano e i suoi alleati. Non c’è dubbio che, a lungo termine, vari dirigenti dovranno rendere conto del fallimento morale che ha portato alla paralisi politica di fronte alla tragedia della popolazione di Gaza.
*Pierre MICHELETTI è medico, membro della Commissione Consultativa Nazionale per i Diritti Umani francese, ed ex presidente di Action Against Hunger e di Médecins du Monde – Francia.
Questo articolo è stato pubblicato originariamente in francese su L’Orient-Le Jour e tradotto da Claire Helligsø-Dubost.
L’articolo A Gaza, gli operatori umanitari di fronte al fallimento morale degli Stati proviene da Pagine Esteri.