Descrizione
“Ti prego Ernesto, ti prego, salviamo il salvabile”, era il muro di parole che Craxi costruiva, frase dopo frase come mattoni di una cortina di guerra, per evitare che Bardellino potesse scavalcare il recinto della decenza.
“Finiamola qui, ma facciamolo nel modo più conveniente per entrambi – proseguì il Presidente del Consiglio – troviamo un percorso indolore per tutti, perché…” Su quella sospensione del fiato, in mezzo alle vocali milanesi, la storia della politica nazionale s’intrecciò definitivamente con le litanie della camorra casertana. Quel “perché” sospeso fece abbassare una cappa di caldo che divenne opprimente, soffocante.
“Parla Presidente, arriva al dunque – sbottò, prendendo coraggio il sindaco – qui devi dar conto a migliaia di elettori che hanno sostenuto non solo me, ma il tuo partito. Hanno sostenuto le tue promesse e la tua faccia”. Il ricatto, da camorrista, diventava discorsivo, sfociava in quel balletto bizantino andato in scena a San Cipriano d’Aversa in sole quattro ore di delirio.
“Dimmi che intenzioni avete – chiuse Bardellino, con un tono che sapeva di padrone di casa, di signore che sa di essere ben munito della protezione nel suo recinto feudale violento, disposto a esondare al solo cenno del sindaco – io voglio sapere se avete intenzione di farmi fuori dalla corsa al Senato… voglio sapere perché questa chiusura”.