di Eliana Riva – 

Pagine Esteri, 21 maggio 2024. Nelle ultime 24 ore sono più di 100 i palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza, in seguito all’intensificazione degli attacchi da parte di Israele. Dal nord al sud i bombardamenti, i droni e i cecchini colpiscono senza tregua, facendo numerose vittime tra i civili senza via di scampo. Sono stati 70 gli “obiettivi” che l’esercito israeliano ha dichiarato di aver colpito nell’ultima giornata.

A Beit Hannoun, nel nord, centinaia di persone sono rimaste intrappolate e isolate in seguito all’espansione delle operazioni militari nel campo profughi di Jabalia, dove sono ancora in corso gli scontri tra l’esercito israeliano e i combattenti di Hamas. Almeno sette persone sono state uccise dai militari, mentre gli altri palestinesi sono rimasti bloccati senza cibo né acqua.

Anche Rafah è stata attaccata e almeno otto palestinesi sono morti all’interno di un edificio residenziale distrutto dall’esercito. Al centro della Striscia un gruppo di persone è stato attaccato dai caccia israeliani che hanno lasciato sul terreno morti e feriti. I carri armati stanno lentamente avanzando dalla parte orientale della città verso quella occidentale. Sono più di 800.000 le persone che hanno abbandonato l’ultima città-rifugio della Striscia. La maggior parte di loro si sono rifugiate a Khan Younis e Deir el-Balah in condizioni che le Nazioni Unite hanno definito “orrende”, senza servizi igienici adeguati, acqua, energia elettrica, luoghi di riparo. Circa 1,1 milioni di palestinesi affrontano “livelli catastrofici di fame” e le ultima offensive israeliane hanno reso impossibile l’accesso a sei ospedali, nove centri di assistenza sanitaria primaria e 37 punti medici a Rafah e a Gaza nord.

 

Senior UN aid official Edem Wosornu said they are ‘running out of words to describe what is happening in Gaza’ https://t.co/AWLNn1wcFG pic.twitter.com/blzgCtDkXY

— Reuters (@Reuters) May 21, 2024

Mentre la fame dilaga e le condizioni sanitarie diventano sempre più critiche, gli aiuti umanitari promessi dagli Stati Uniti attraverso il molo da 300 milioni di dollari costruito da Washington, affrontano le difficoltà di cui le organizzazioni umanitarie avevano avvertito. Insieme alla richiesta dell’apertura dei valichi e dell’ingresso massiccio dei camion di aiuti, le ONG e le organizzazioni delle Nazioni Unite avevano a gran voce provato ad avvertire gli USA che il molo non avrebbe risolto i problemi di carestia per alcuni impedimenti logistici e materiali che rimanevano invariati. Sabato 18, due giorni dopo il collegamento del molo galleggiante con la riva di Gaza, una delle spedizioni è stata saccheggiata dalla folla disperata che aveva saputo dell’arrivo dei camion carichi di aiuti. Le Organizzazioni umanitarie hanno spiegato che i saccheggi aumentano quando gli aiuti sono troppo pochi e che l’unica maniera per evitarli sarebbe garantire l’accesso a un numero maggiore di convogli. Da quando, il 7 maggio, Israele ha invaso la parte orientale della città di Rafah, ha chiuso il valico con l’Egitto, bloccando quasi completamente gli ingressi nella zona meridionale. L’UNRWA ha fatto sapere che in 15 giorni sono stati solo 69 i camion entrati, il numero più basso dalle prime settimane di guerra.

La situazione peggiora non solo a Gaza ma anche nella Cisgiordania occupata. Nel campo profughi palestinese di Jenin almeno 7 persone sono state uccise da un raid israeliano iniziato questa mattina e che è ancora in corso. I cecchini hanno colpito le persone mentre camminavano per strada o si trovavano all’interno delle proprie automobili. I feriti sono almeno nove, tra i quali due in condizioni critiche. La Mezzaluna Rossa palestinese denuncia che l’esercito israeliano impedisce ai soccorritori di raggiungere i feriti, tra i quali ci sarebbero diversi studenti che stavano attraversando il campo per andare a scuola. Il Ministero della Salute ha fatto sapere che tra le vittime c’è Assid Kamal Jabarin, chirurgo palestinese di grande esperienza, ucciso mentre si recava a lavoro all’ospedale. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver attaccato “persone armate” ma il video di una telecamera di sicurezza mostra gli spari di un cecchino contro un ragazzino disarmato che cammina lungo la strada. Sarebbero due gli studenti uccisi. Colpito a morte anche un professore, mentre si trovava all’interno della sua automobile. Le Brigate al-Quds, l’ala armata del gruppo Jihad islamica ha fatto sapere di aver risposto all’incursione dell’esercito israeliano nel campo profughi della Cisgiordania occupata e che i combattimenti sono tutt’ora in corso.

La situazione a Gaza e in Cisgiordania peggiora in un momento internazionalmente molto delicato per Israele, il quale deve dimostrare in queste ore, come puntualmente da anni accade quando le sue scelte politiche e militari vengono criticate, che nulla può intimidirlo. Ma la richiesta del Procuratore capo della Corte Penale Internazionale rappresenta un atto senza precedenti e i mandati di arresto per crimini di guerra potrebbero inevitabilmente cambiare la situazione dello “stato ebraico”, che fonda il suo riconoscimento e la sua stessa esistenza sui rapporti con l’occidente, che siano militari, politici, economici o diplomatici. La dichiarazione pubblica del procuratore Karim Khan è stata una mossa insolita: la richiesta è stata solennemente annunciata prima che i giudici firmassero i mandati. Il dettagliato resoconto delle indagini, compreso l’utilizzo delle fonti e l’elenco dei nomi dei collaboratori giuristi, trovano probabilmente spiegazione nella grande pressione internazionale alla quale il procuratore deve essere sottoposto, con l’obiettivo di dimostrare un forte sostegno legale anche al di fuori del tribunale e presentare la decisione come il frutto di un lavoro di squadra.

Khan ha dichiarato che le prove raccolte dal suo ufficio, con interviste ai sopravvissuti e ai testimoni oculari, materiale video-audio-fotografico, immagini satellitari e altro, hanno suggerito che Israele ha “intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile in tutte le parti di Gaza di oggetti indispensabili per la sopravvivenza umana”. L’utilizzo della fame come arma di guerra è dunque al centro delle accuse di crimini contro l’umanità per Netanyahu e Gallant (i vertici militari sono rimasti fuori dalle richieste di mandati), che vengono ritenuti responsabili di aver limitato l’ingresso di medicine, aver deliberatamente distrutto la rete idrica e sospeso le forniture di elettricità a una intera popolazione assediata. Pagine Esteri

 






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