di Redazione

Pagine Esteri, 20 maggio 2024 – Non sono bastate le preghiere diffuse ieri, per ore, dalla televisione di stato di Teheran. All’alba di oggi il vicepresidente iraniano Mohsen Mansouri ha confermato che il presidente Ebrahim Raisi è morto ieri dopo che il suo elicottero si è schiantato al suolo in una regione montuosa nel nord-ovest della Repubblica Islamica.

Per tutto il pomeriggio di ieri si sono susseguite notizie incerte, dopo che dell’elicottero che trasportava Raisi ed altri esponenti dell’establishment di Teheran si erano perse le tracce intorno alle 13,30, mentre sorvolava la foresta di Dizmar vicino al confine dell’Azerbaigian.

Raisi tornava da un viaggio al confine con l’Azerbaigian, dove ha incontrato il presidente Ilham Aliyev e inaugurato una diga sul fiume Aras. Per molte ore, ieri, il maltempo e la fitta nebbia hanno reso impossibili le ricerche.

Poi, alle prime luci dell’alba, le squadre di soccorso della Mezzaluna Rossa hanno raggiunto il luogo dell’incidente e «non hanno trovato segni che gli occupanti dell’elicottero fossero vivi».
A bordo del velivolo, ritrovato grazie ad un drone messo a disposizione dal governo turco, c’erano anche il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amir-Abdollahian, il capo della Guardia Presidenziale Mehdi Mousavi, il governatore della regione dell’Azerbaigian orientale Malek Rahmati, il rappresentante della guida suprema iraniana nell’Azerbaigian orientale Mohammad Ali Ale-Hashem e vari membri dell’equipaggio.

Prima che la morte del presidente fosse confermata, la guida suprema del paese Alì Khamenei aveva invitato i cittadini a pregare per Raisi e aveva promesso che l’incidente non avrebbe gettato il paese nel caos.

La Mezzaluna Rossa ha informato che stamattina le salme delle vittime dell’incidente aereo verranno trasportati nella città di Tabriz, capoluogo dell’Azerbaigian orientale.

Ora sarà il primo vicepresidente Mohammad Mokhber a ricoprire temporaneamente la carica di capo dello Stato per i prossimi 50 giorni sino allo svolgimento di nuove elezioni presidenziali da parte di un consiglio speciale. Il consiglio sarà composto dai vertici del potere legislativo e giudiziario, nonché dallo stesso primo vicepresidente, e le elezioni dovrebbero svolgersi tra giugno e luglio.

Lo scomparso presidente Ebrahim Raisi, esponente degli ambienti più conservatori dello scenario politico iraniano, aveva vinto le elezioni del 18 giugno 2021 con il 62% dei voti, in una giornata contrassegnata da un tasso record di astensione e da un alto numero di schede bianche e nulle, frutto dello scontento di una parte importante della società nei confronti della classe dirigente della Repubblica Islamica.

Raisi era nato il 14 dicembre del 1960 a Mashhad, città santa sciita nel nord-est dell’Iran, in una famiglia religiosa. Dopo gli studi religiosi a Qom e la laurea in diritto islamico conseguita all’Università Motahari di Teheran, Raisi ha lavorato a lungo come procuratore diventando il capo della magistratura, protagonista di una sistematica e spietata repressione dei movimenti di opposizione, dalle forze di sinistra alle organizzazioni curde agli stessi ambienti riformatori interni all’establishment.

Da presidente Raisi ha supervisionato il contrasto al vasto movimento di protesta scatenato dall’uccisione della 22enne Mahsa Amini da parte di alcuni membri delle forze di sicurezza, la cui repressione ha comportato migliaia di arresti e centinaia di vittime.

In queste ore a Teheran stanno giungendo le condoglianze di vari capi di stato e ministri degli Esteri dei paesi alleati dell’Iran, dal Venezuela alla Russia alla Bielorussia, oltre che dei movimenti politici che hanno forti relazioni con la Repubblica Islamica, dagli Houthi yemeniti al libanese Hezbollah al movimento palestinese Hamas. Anche il governo del Pakistan ha indetto una giornata di lutto nazionale per la scomparsa del presidente iraniano.

La morte del presidente iraniano si è verificata in una fase di estrema instabilità in tutto il Medio Oriente, durante la quale Teheran ha giocato un ruolo centrale coordinando le forze impegnate nel cosiddetto “asse della Resistenza”. Poche settimane fa, per la prima volta, Teheran ha attaccato direttamente Israele con un lancio di centinaia di missili in risposta al bombardamento della sede diplomatica iraniana a Damasco da parte dello “stato ebraico”. Pagine Esteri






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