di Michele Giorgio*

Pagine Esteri, 10 aprile 2024 – Sotto la sabbia e la terra ci sono ancora cadaveri. E carcasse di autoveicoli, persino ambulanze distrutte e schiacciate dal passaggio dei mezzi corazzati. Sono trascorsi nove giorni dal ritiro delle truppe israeliane dall’ospedale Shifa e nella zona circostante e nella terra le squadre della Protezione civile e della Mezzaluna rossa continuano a trovare i corpi dei tanti che sono stati uccisi durante il raid scattato il 18 marzo. Almeno 409 fino ad oggi, molti dei quali in decomposizione e di difficile identificazione. Numeri destinati a crescere ancora e che rappresentano una delle stragi più gravi subite dai palestinesi negli ultimi decenni.

Ci vorrà del tempo per avere il quadro completo delle conseguenze dell’assalto allo Shifa che il portavoce militare israeliano inizialmente aveva descritto come una «operazione limitata» contro elementi di Hamas e Jihad che non avrebbe coinvolto l’ospedale, il personale medico e i pazienti. Hanno detto qualcosa di ben diverso le immagini diffuse in rete il 1° aprile, al ritiro dei militari, che hanno mostrato lo Shifa gravemente danneggiato, annerito dalle fiamme, circondato da cumuli di terra. Intorno decine di edifici distrutti totalmente o in parte.

Hussein Mahassen, direttore del servizio di pronto intervento nella Striscia di Gaza, rispondendo alle domande del portale Middle East Eye, ha riferito delle difficoltà delle ricerche a causa della mancanza di ruspe e macchinari. «Abbiamo trovato i corpi di donne e bambini legati e ammanettati. Ci sono segni di tortura sulle braccia dei corpi che abbiamo recuperato. Verranno identificati dai parenti e poi sepolti», ha detto Mahassen. Amira al-Safadi, un medico, ha aggiunto che i corpi di alcune degli uccisi sono stati lasciati per giorni tra le persone assediate nell’ospedale prima che le forze israeliane permettessero di seppellirli. Safadi per due settimane è stata costretta a non lasciare la reception dell’ospedale.

«Tra i feriti che ci hanno portato dal reparto di terapia intensiva 16 sono morti – ha raccontato – e i loro corpi sono rimasti con noi per tre giorni. Abbiamo chiesto (agli israeliani) di seppellirli perché si sarebbero decomposti, la puzza era molto forte». I soldati avrebbero accettato con riluttanza. I corpi, su ordine dei militari, furono lasciati all’aperto per tutta la notte nel cortile – distrutto dalle ruspe – dell’importante struttura sanitaria di Gaza.

All’Ospedale uropeo di Khan Yunis riferiscono di aver ricevuto i corpi di 46 persone uccise nelle ultime settimane, tra cui cinque bambini, durante l’invasione dell’esercito israeliano che domenica è uscito dalla città. Altri cinque corpi sono giunti da Maghazi bersaglio ieri di un raid aereo che in cui è rimasto ucciso anche il sindaco Hatem Al-Ghamri. Il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre è di almeno 33.207 morti e 75.933 feriti, afferma il ministero della Sanità. A Gaza negli ultimi 6 mesi, denuncia Save the Children, ogni 15 minuti un bambino palestinese ha perso la vita. Ma Israele andrà avanti con la sua offensiva. Il premier Netanyahu parlando ieri a una cerimonia militare ha detto che le nuove reclute, contribuiranno al «completamento dell’obiettivo» di eliminare Hamas. «Nessuno al mondo ci può fermare» ha aggiunto.

I comandi militari confermano che la 98esima divisione è stata ritirata da Khan Younis per consentire alle truppe di prepararsi per ulteriori operazioni, inclusa un’offensiva a Rafah dove si trovano centinaia di migliaia di sfollati palestinesi. E sottolineano che un eventuale accordo con Hamas per una tregua lunga e uno scambio tra ostaggi israeliani a Gaza e prigionieri politici palestinesi, non impedirà la ripresa dei combattimenti. Nel frattempo, l’esercito ha acquistato 40mila tende destinate ad ospitare in zone centrali di Gaza gli sfollati ora a Rafah e che dovranno essere evacuati prima dell’offensiva israeliana.

Ieri sera si è riunito prima il gabinetto di guerra israeliano e poi quello, più largo, di sicurezza per valutare i risultati degli ultimi colloqui al Cairo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Hamas ha respinto l’ultima offerta presentata da Israele e insiste per un accordo che porti alla tregua definitiva, all’uscita di tutti i soldati israeliani dalla Striscia e al ritorno dei civili palestinesi nel nord di Gaza. La base della trattativa si fonda su sei settimane di tregua in cambio della liberazione di 40 ostaggi e della scarcerazione di 900 detenuti palestinesi. Pagine Esteri

Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto






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